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FETUS FIGHTERS – i/le fetusi/e

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Ab orto, si, diciamolo pure in latino, perché proprio dall’alba dei tempi la nostra specie nasce da corpo di donna; e dall’alba dei tempi l’uomo ha cercato di capire, e poi controllare, soprattutto controllare il “potere” generativo di questi corpi sfuggenti.

Il controllo poi, per potersi esercitare liberamente, ha elaborato l’idea di un corpo femminile vuoto, da riempire, un corpo contenitore, un vaso, insomma.

Questo è sembrato appropriato per il sistema messo a punto nei secoli dei secoli, sistema che funziona tutt’ora e che chiamiamo patriarcato.

Dai tempi di Marcocaco disseminati di olle e anfore a forma e metafora di uteri femminili, ai tempi postmoderni di tutt* noi; dall’età della pietra all’età della plastica, quel sistema vorrebbe che ciò che avviene nel corpo della donna fosse controllato dall’uomo o da interposto corpus di leggi da questi creato.

Ed eccoci all’aborto e all’America di questi giorni dove la corte suprema ha depennato il diritto a praticarlo a livello federale (sancito con una sentenza del 1973), lasciando che ogni stato agisca autonomamente nel merito. Se è già illegale abortire in otto stati, presto lo sarà probabilmente in altri dodici… il proibizionismo avanza sul tappeto di velluto steso da Trump con la nomina dell’ultima giudice della corte suprema: donna e giovane: un buon investimento per gli anni a venire visto che la carica è a vita.

L’american gothic di Grant Wood riprende vita, ammesso che i due personaggi dipinti possano ricordare qualcosa che le assomigli; a Biani è venuto naturale riproporli in una sua vignetta: l’una incinta, l’altro con il fucile d’assalto al posto del forcone.

L’aggiornamento di un cupo passato che avanza e che con la tecnologia odierna può essere veramente agghiacciante.

Scrive Jia Tolentino sul New Yorker: “…Negli stati dove è stato o sta per essere proibito, ogni gravidanza che non va a buon fine, trascorso un breve termine, può essere potenzialmente soggetto di investigazione come un crimine. Cronologia di ricerche, ricerche in internet, SMS, dati di localizzazione, dati di pagamenti, applicazione di tracciamento delle mestruazioni, possono essere tutti esaminati dagli accusatori se questi credono che la perdita della gravidanza possa essere stata deliberata. Anche se gli accusatori falliscono nel provare che c’è stato un aborto, coloro che sono stati investigati saranno puniti dal processo e ritenuti responsabili di qualsiasi cosa venga trovata.

Donne americane nella Kabul dei talebani, dove a ben guardare, almeno per quanto riguarda l’aborto, tentano di ricacciarci un po’ tutte.

Nooo, dice la Meloni: “USA e Italia hanno ordinamenti giuridici non paragonabili. Fratelli d’Italia non vuole abolire la legge 194, vuole la sua applicazione totale”.

Ze ridi! La destra può essere divisa, fratturata, quello che si vuole, ma nell’aborto ha sempre trovato un ottimo bostik…

Certo, la 194 è l’unica che abbiamo, ma è una pessima legge, non è fatta per liberare le donne ma per gravarle di controlli, sensi di colpa e farle passare sotto il giogo dell’obiezione di coscienza, cosa che ha reso difficilissimo praticare una scelta che dovrebbe essere garantita al cento per cento. Le percentuali di medici obiettori le conosciamo: su venti regioni solo Valle d’Aosta, Emilia Romagna e la provincia autonoma di Trento sono sotto al 50%; tutte le altre sono sopra, tante intorno all’80 e più.

In Friuli siamo al 50,9; ed eccolo là all’orizzonte, il vescovo di Udine subito a dire che “l’aborto non è un diritto… i dibattiti sono impostati male e bisogna ripartire proprio dal fatto che no, l’aborto non è un diritto…”. Ma, come si dice in friulano: curtis e che si tocjn; senza giri e senza scappatoie: o decide la donna interessata o altr* decidono per lei.

Il leggiadro Pillon, per esempio; eccolo: “Ora portiamo anche in Europa e in Italia le brezza leggera del diritto alla vita di ogni bambino, che deve poter vedere questo bel cielo azzurro”.

Sì, impalateci più in alto, così lo vediamo meglio anche noi.


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